La presa della Bastiglia

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Dopo la lettura dell’ultimo post, la mia amica cazzeggiante poneva una domanda non da poco: “tu dici che sia possibile andare a prendere la Bastiglia?” Me la sono cavata con una battuta, ma se devo per un attimo fare la persona seria è ovvio che la risposta è assolutamente no!

Non siamo un popolo adatto alle grandi gesta, per fortuna o per sfortuna giudicate voi. Forse una volta, gli antichi romani, gli unici così fichi che erano fichi anche con un paio di sandali, ma poi dopo? Non abbiamo mai fatto una rivoluzione vera e propria, non siamo riusciti a liberarci delle varie dominazioni straniere se non grazie ad altri stranieri. Abbiamo una staterello ben impiantato proprio all’interno del centro vitale del Paese, che nel bene o nel male (anche qui, sospendo il giudizio) influenza quello che facciamo. Noi siamo il popolo che non è popolo. Che riscopre l’identità nazionale solo per una partita di calcio, anzi neanche più lì. Forse non è un dettaglio che siamo forse l’unica nazione che ha per colore identificativo (l’azzurro) un colore che non compare nella bandiera. Il blu Savoia: ma se i Savoia stanno sul cazzo a tutti? Ma lasciamo stare va!

Siamo il paese dei mille campanili: Pisa e Livorno, Potenza e Matera, Rocca di sopra contro Rocca di sotto, meglio un morto dentro casa che Tizio, Caio e Sempronio alla porta. Il paese delle contrade, dei Pali, dei derby. Altro che i Savoia, in realtà ci stanno sul cazzo tutti! Abbiamo questa singolare attitudine ad innamorarci del primo minchione che si atteggia a capetto, promettendo mari e monti, mentendo sapendo di mentire. Insomma no, ma quale Bastiglia vorremmo andare a prendere?

Siamo il popolo che si arrangia. Quelli delle regole da interpretare, delle norme da aggirare, senza senso civico, privi di qualsiasi senso del bene comune. Viviamo in una striscia di terra in cui si trovano il 70% delle opere d’arte di tutto il mondo e non siamo capaci non dico di valorizzarle, ma almeno di evitare che vadano in malora. Come dice la mia saggia amica Frà Squadra, “la magra consolazione è che qui da noi per le stragi non c’è bisogno del terrorismo islamico. Basta un binario unico, qualche politico corrotto e ce la caviamo benissimo anche da soli“.

Forse per questo le grandi imprese eroiche non fanno per noi. Siamo troppo poco tragici e troppo poco eroici. Ma forse siamo anche troppo saggi per pensare che basti prendere una Bastiglia per poter cambiare le cose. Perché la verità è che ci salva il buon senso, la capacità di saperci adattare, di stare con gli occhi asciutti nella notte scura: né santi, né eroi, forse navigatori, senza dubbio paraculi. Da noi vale il detto “non dire gatto se non c’è l’hai nel sacco“. Ma io soprattutto aggiungerei, mai e poi mai e per nessun motivo, non dire “mulo“.

7 thoughts on “La presa della Bastiglia

  1. Bell’articolo, mi ha sinceramente divertito! Devo solo fare una precisazione: anche l’Olanda viene identificata con l’arancione, che non è sulla bandiera…
    A parte questo, una parte degli Italiani, alla domanda sulla Bastiglia, risponderebbe, capendo male, di prenderla tutti i giorni prima dei pasti…

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  2. Non ho voglia di ridere, il post però merita.
    Sinceramente la Bastiglia non la prenderemmo, non veniamo da una rivoluzione, veniamo dai Vicerè.

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  3. Discendenti dei borboni…catanesi….I privilegi li hanno portati loro in politica e lì sono rimasti. A scuola mica te li fanno studiare…te li devi cercare.

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